Come per il corpo e per l’anima occorre prenderci cura della mente tutta la vita – Fabio Biliotti

Il corpo è l’entità di cui l’essere umano ammette senza alcun dubbio l’esistenza e che riesce meglio a comprendere: si può vedere, toccare. Anche se poi, quando andiamo ad approfondirne lo studio ci rendiamo conto che è più complicato di quello che ci appare e finisce per diventare qualcosa che si allontana sempre più dall’immediata comprensione e perfino dalla materialità. E’ complicato comprenderne il funzionamento, è complicato comprenderne le disfunzioni, è complicato ancora di più capire come correggere e curare queste disfunzioni che comunemente vengono classificate come malattie.

La mente è l’entità di cui l’essere umano si accorge dell’esistenza, ma diventa arduo farsi un’idea fisica della mente; spesso ce la raffiguriamo con il cervello, ma la mente è qualcosa che va al di là del cervello stesso, perché sappiamo che un cervello ce l’hanno anche gli animali, ma gli animali non hanno una mente. Come si vede rispetto al corpo è già un po’ più difficile comprendere che cosa sia la mente. Siamo certi che esiste, perché ci rendiamo conto che per imparare a parlare, per imparare a leggere, per farsi una cultura, per esprimere dei pensieri, per svolgere attività artistiche, per essere giusti, per essere sinceri c’è qualcosa che funziona e che rende possibile all’essere umano tutto ciò, ma non ce la possiamo raffigurare fisicamente.

Quando si arriva all’anima ci ritroviamo di fronte ad una realtà della quale spesso si nega addirittura l’esistenza, tanto è difficile farsi un’idea e percepirla. Dell’anima non si riesce ad avere la percezione, se non dopo un atto di fede. Addirittura molti pensano che questo aspetto della nostra individualità non esista. Chi lo ammette in ogni modo trova difficoltà a comprenderne il significato profondo.

Ci troviamo di fronte a tre realtà di cui una, il corpo, più percepibile, più evidente, sull’esistenza della quale non si ha alcun dubbio e, all’altro estremo, l’entità più spirituale, più evanescente e quindi meno comprensibile: l’anima.

Ecco perché l’essere umano tendenzialmente è portato a far pendere la bilancia del proprio vivere quotidiano verso la parte più materiale, perché è quella che capisce, che comprende meglio, che vede e che tocca, che è legata ai sensi.

Non bisogna mai dimenticare però che, come afferma Keppe nella Trilogia, fra queste tre componenti della nostra individualità vi sono delle interrelazioni strettissime: il corpo non può fare a meno della mente e dell’anima; la mente non può fare a meno dell’anima e del corpo; l’anima non può fare a meno del corpo e della mente.

Ciò significa che non c’è una scelta da fare, nel senso che basti curare l’anima e dimenticarsi della mente e del corpo, oppure che basti curare il corpo e dimenticarsi della mente e dell’anima, o ancora che basti curare la mente e dimenticarsi del corpo e dell’anima. Rivolgersi con esclusività ad ognuna di queste parti senza tener conto delle altre due produce uno squilibrio che non va a vantaggio dell’essere umano nella sua interezza e che lo rende appunto squilibrato.

Come c’è la necessità di curare il corpo, di dargli da mangiare, guarirlo da eventuali malattie; la stessa cosa vale per la mente: occorre nutrire la mente e curarla da eventuali malattie; occorre nutrire l’anima e curare l’anima.

Certamente dare da mangiare al corpo è una cosa, alla mente è un’altra, all’anima un’altra ancora.

Al corpo si capisce meglio che cosa si deve dare da mangiare, ma non si può mangiare a caso, non si può mangiare tutto quello che si vuole, non si può mangiare quanto si vuole; si deve bere perché il corpo ha bisogno di bere, ma non si può bere tutto quello che si vuole, quanto si vuole; quindi occorre comprendere le necessità del nostro corpo per imparare a nutrirlo.

Anche la mente ha bisogno di nutrimento, perché una mente se non viene nutrita può atrofizzarsi; nutrirla con informazioni, nozioni, con pensieri, con riflessioni, con elaborazioni, con esercizi pratici e teorici, si deve anche equilibrarla curandone le disfunzioni, i difetti, gli errori per imparare anche qui ciò che fa bene alla nostra mente.

Di nutrimento ha bisogno anche l’anima; questo nutrimento è dato dalla preghiera, dalla meditazione, dalla riflessione e la sua cura sta nell’azione buona e pura “nell’atto puro” come dice Keppe.

Sono convinto che una persona spiritualmente attenta, ma che trascuri il proprio corpo e la propria mente, non possa vivere bene. Se c’è una trascuratezza voluta nei confronti del proprio corpo perché si ritiene che questa parte di noi non sia importante, addirittura sia di intralcio alla nostra crescita spirituale, si sbaglia, perché così si indebolirebbe anche la nostra capacità di curare la nostra mente, di curare la nostra anima. Una persona alcolizzata non rovina solo il proprio corpo, ma anche la mente e l’anima. E così anche se non funziona bene la mente e non viene adoperata nel modo giusto, se noi non ci preoccupiamo di curare le nostre patologie per esempio, noi aggrediremo, senza accorgecene, il nostro corpo e non ci predisporremo bene nemmeno verso la nostra parte spirituale nel rivolgerci a Dio.

Questo significa che la preghiera funziona bene se tutti gli aspetti che compongono l’essere umano funzionano bene; se si è rispettato e curato il nostro corpo, se si è rispettata e curata la nostra mente.

Voglio fare l’esempio di una persona che abbia una patologia: mettiamo l’egoismo; gran parte di queste patologie non vengono riconosciute, perché se le riconoscessimo non le praticheremmo. Quindi quella persona non si accorge, non si rende conto di essere egoista; allora col suo egoismo commetterà tanti errori nella quotidianità, commetterà tante cattive azioni senza esserne consapevole; e proprio perché non ne è consapevole che non si sognerà mai di mettersi a pregare chiedendo perdono a Dio per quello che ha compiuto di sbagliato e dunque le sue preghiere perdono di efficacia.

Certo in teoria la preghiera potrebbe risolvere tutti i problemi, ha questo potere, ma solo se svolta nel modo giusto e con la giusta predisposizione: con il “cuore puro”; predisposizione che non è possibile ottenere se non percepiamo i nostri errori e trascuriamo il nostro corpo.

Dobbiamo dunque imparare a considerare l’esistenza di tutti e tre questi aspetti con una visione olistica, unitaria, infine trilogica.

Ma che cosa succede nell’esistenza degli esseri umani?

Accade che si pone l’attenzione al proprio corpo e che questa attenzione (bene o male esercitata) si ripete ogni giorno per tutta la vita; così è anche per la parte spirituale: perché, sia in senso religioso che in senso laico, si fa continuo riferimento alle esigenze della spiritualità e si ritiene indispensabile occuparsene e lo si fa (bene o male) tutta la vita.

Per la mente accade invece un fatto strano: la stragrande maggioranza degli esseri umani ritiene indispensabile occuparsene solo quando si manifestino sintomi talmente gravi che spesso precludono una riparazione efficace: troppo spesso le persone si dimenticano della mente. E anche quelle persone che comprendono la necessità di fare qualcosa per il giusto equilibrio della propria mente, ritengono che questo intervento debba esaurirsi in un tempo determinato.

Nessuno pensa che si possa interrompere, ad un certo punto della vita, di dare da mangiare al proprio corpo, di accudirlo, di curarlo; nessuno si sogna di dire che, dopo aver pregato Dio, o aver fatto un percorso laico di spiritualizzazione, per uno o due anni, siamo a posto per il resto della vita e si può non pregare più e porre fine alle buone azioni. Perché allora per la mente si chiede quanto dura l’analisi? Quanto dura cioè questo percorso di coscientizzazione, come dice Keppe, che ci consente di vivere sempre meglio?

Si noti dunque quanta sottovalutazione della necessità di nutrire e prendersi cura della mente! Eppure lo strumento tutto umano (che è fondamentale in questa nostra vita terrena), lo strumento che ci consente di accorgerci se l’attenzione prestata al proprio corpo è giusta o no, è buona o meno, se il modo di come si affronta la nostra spiritualità sia quello più efficace e più vero, è proprio la mente!

Come per il corpo e per l’anima, anche per la mente occorre comprendere che la “cura” non può esaurirsi mai. Questa è la risposta che dobbiamo dare a chi spesso ci domanda se il percorso analitico abbia termine: la risposta è no, non ha termine se non quando terminerà questa nostra vita terrena.

Certo un buon percorso analitico deve dare dei risultati in termini di benefici, fin dalle prime sedute (e questo accade certamente con la Trilogia Analitica), ma il processo non finisce mai perché noi non saremo mai perfetti: il nostro è un cammino sulla via della perfettibilità che ci consente un continuo infinito miglioramento.

In questa ottica la mente dell’essere umano ha un enorme ruolo poiché è l’intermediario tra il suo corpo e la sua anima. Attraverso la mente l’essere umano permette allo spirito di illuminare la sua anima apportando grandi benefici anche al proprio corpo. Se non c’è un equilibrio della mente sarà impossibile elevare la nostra anima in modo da far coincidere, come afferma Keppe nell’ultima sua opera “A Origem da Sanidade” l’esistenza con la nostra essenza.