Psicanalisi del terrorismo – Richard Jones intervista Norberto Keppe

Intervista del giornalista canadese Richard Jones
allo psicanalista Norberto R. Keppe
R.J.: È passato poco tempo da quando abbiamo assistito negli USA ad un attacco terrorista senza precedenti. Penso che sia importante cercare di capire il significato dell’accaduto, qualcosa che abbia un senso. Qual è la sua idea al proposito?

N.K.: Qualunque cosa che riguardi la società deve essere osservata da un punto di vista sociopatologico. La società presenta gli stessi problemi della patologia psichica dei singoli individui. In questo contesto devono essere inclusi anche gli individui terroristi o le persone che creano gravi problemi alla società. Si tratta di malati mentali che tentano di attaccare e distruggere il corpo sociale. La società umana è tanto patologica quanto l’essere umano individualmente preso e in questo quadro è necessario studiare i mezzi per renderla sana. Occorre cioè procedere ad una socioterapia, una terapia in ambito sociale per far sì che la società non coltivi nel suo seno corpi estranei, individui terroristi, persone che tentano di distruggerla.

 

R.J.: Che cosa intende dire con il termine patologico?

N.K.: Il fattore patologico è proprio degli individui malati non solo nell’ambito della psichiatria (persone che manifestano malattie mentali come schizofrenia, depressione, epilessia), ma anche in ambito sociale (delinquenti, terroristi). Questi ultimi sono malati nell’ambito sociale, rappresentano perciò un pericolo per la società e hanno la stessa patologia che hanno i malati mentali. Perciò la questione è che bisogna vedere queste persone non tanto come criminali, ma come malati che necessitano pertanto di un trattamento. Non servono le prigioni o i manicomi per rinchiudervi questi malati mentali. Pertanto, quando una società ha bisogno di molte carceri è segno che sta molto male. Possiamo evidenziare il fatto seguente: quante più prigioni un paese ha, tanto più questo paese è malato poiché questo è il segnale che questi paesi hanno una struttura patologica che genera questo numero enorme di persone inferme che danneggiano la nazione.

 

R.J.: Come dobbiamo incominciare a trattare la società per renderla meno malata?

N.K.: La società ha bisogno di cambiare la sua struttura fondamentale perché la pace è conseguenza della giustizia sociale. La società nella quale non vi è giustizia (sia essa comunista, capitalista o di qualsiasi altro tipo) non offre a tutte le persone l’opportunità di vivere una vita ragionevole perlomeno da un punto di vista economico, sociale; quindi questo tipo di società genera ribellione fornendo, senza alcun dubbio, molte chances alle persone più delinquenti, più malate di attaccare il suo corpo sociale. Pertanto l’unica maniera di trattare una società malata (come attualmente sono tutte le società nel mondo) è di fare in modo che le persone soffrano meno ingiustizie, che godano tutte di una democrazia vera, che abbiano tutte gli stessi diritti. Probabilmente anche nella società americana non esiste questa democrazia della quale si parla tanto, in quanto che tutte le persone non hanno la medesima possibilità di svilupparsi a livello sociale ed economico.

 

R.J.: Quindi lei vuol dire che le società non offrono diritti uguali per tutti. Questo può rendere possibile che persone molto malate possano salire, a volte, a cariche di potere?

N.K.: Il problema è che nella società esistono alcune persone che impongono un tipo di società ingiusta per tutti e pretendono che tutto “giri”, tutto venga strutturato in funzione di questo loro potere. Pertanto sono proprio i più malati che realizzano un ambiente sociale molto negativo, provocando una spinta alla ribellione contro la società. E queste persone malate tirano dalla loro parte altre persone e altri poteri creando un sistema sociopatologico. Questa è la ragione per cui ho elaborato una scienza chiamata sociopatologia che introduce la necessità che si faccia una socioterapia. Si tratta di questo: fare in modo da impedire che le persone molto malate creino problemi. Esistono delinquenti in basso (individualmente molto malati) e individui fortemente malati in alto. Sono estremi che si toccano e sono due tipi di patologia di cui la società ha bisogno di avere coscienza.

 

R.J.: È quindi molto facile in questo momento che noi indirizziamo la nostra attenzione al di fuori delle nostre società, infatti la nostra attenzione è tutta rivolta al terrorismo, vari paesi si stanno unendo per lottare contro il terrorismo, come se il problema fosse esterno, risiedesse in qualche organizzazione esterna o in alcune persone malate esterne. Questa attitudine non è patologica?

N.K.: Sì ed è molto pericolosa per tutti. Perché la società che si vuole combattere, pur essendo esterna, mostra la coscienza della stessa società che dice di difendersi. E se una società esterna ha il terrorismo, ha individui delinquenti questa è l’occasione, per la società che l’accusa, di vedere che essa soffre degli stessi problemi.

 

R.J.: Se il terrorismo esterno è un riflesso di quello interno, vuol dire allora che il terrorismo che alberga dentro gli esseri umani si riflette fuori; quali sono allora quelle tendenze degli esseri umani di cui abbiamo bisogno di essere coscienti in questa situazione?

N.K.: Quando una nazione attacca con violenza il terrorismo esterno è perché in qualche modo quel terrorismo esiste anche al suo interno. Di conseguenza non possiamo dire che alcune nazioni sono pericolose ed altre no, perché il terrorismo non è un aspetto di questa o quella nazione, ma è un problema universale. In parole povere, se una nazione vede il terrorismo solo fuori e non lo vede dentro di sé, si pone in una situazione di maggiore pericolo di una nazione che si occupa del terrorismo interno in maniera più attenta. È molto pericoloso vedere il problema solo all’esterno, facendo così si cade nella proiezione, vale a dire che la persona vede in un’altra i problemi che lei stessa ha; per cui la nazione che vede fuori i problemi che lei stessa ha, diventa pericolosa per sé, perché non vede le difficoltà e le distorsioni che sono al suo interno.

 

R.J.: Che cosa intende dire con terrorismo interno? Come si manifesta nel nostro mondo? Come si mostra nelle nostre vite quotidiane?

N.K.: La questione del terrorismo riflette nella persona l’orrore che essa ha del proprio terrorismo interiore. Spiegando tutto questo da un punto di vista patologico, si può dire che, per esempio, l’individuo ha dentro di sé delle idee di distruzione o di autodistruzione. Tutto ciò si trasforma in un’idea molto pericolosa per lui quando, pensando di essere vittima di un terrorismo esterno, di una distruzione esterna, egli dimentica di vedere in se stesso questa attitudine a distruggersi. Quindi l’importanza di avere coscienza della propria patologia sta nel senso che l’individuo deve proteggersi da se stesso. Per esempio è molto importante che gli americani prendano coscienza della necessità di vedere questi problemi interni per proteggersi da se stessi. Io ho scritto un libro nel quale ho dimostrato che se un paese non percepisce la propria sociopatologia, finirà col distruggersi, come accadde per l’Impero Romano, l’Impero Inglese, l’Impero Francese, l’Impero dell’Unione Sovietica, perché ogni paese si distrugge da sé quando non ha più la coscienza dei pericoli che esso stesso crea alla sua esistenza.

 

R.J.: Può parlarci un po’ di più su questo processo di proiezione psicologica? Perché facciamo questo?

N.K.: Questo aspetto della proiezione è un punto centrale della patologia dell’essere umano e della società. L’individuo che non vede i suoi problemi incomincia a vederli fuori di sé, allo stesso modo il paese che non vuol vedere la propria problematica incomincia a vederla in altri paesi. Pertanto sta qui la questione dello scontro fra le nazioni: una nazione invece di prendersi cura di se stessa, pensa di distruggere un’altra per liberarsi di un problema che invece è dentro di sé. Questo è ciò che noi chiamiamo paranoia, perché l’essere umano o la nazione che non vede in sé i problemi che ha, comincia a creare difficoltà a sé e agli altri. Essi possono entrare persino in un delirio molto grande e non riuscire più ad avere una normale convivenza con le altre persone o nazioni. Qui subentra l’importanza della maturità. Una nazione più avanzata dovrebbe essere più matura, più evoluta di una nazione più arretrata. Ed è evidente che la nazione più arretrata in genere possa essere più malata ed avere, ad esempio, la tendenza ad attaccare la nazione più avanzata. Perciò il grande ruolo delle nazioni più avanzate deve essere quello di fare in modo che le nazioni più arretrate vengano coscientizzate attraverso la trasmissione di una maggiore cultura, una maggiore informazione per portarsi al livello delle nazioni più avanzate. Ad esempio, se una persona malata attacca una persona matura, questa sa resistere all’attacco, come accade nella psicanalisi, nella psicoterapia quando il malato attacca l’analista: è chiaro che questi ha l’obbligo, non di attaccare a sua volta, ma di calmare la persona facendole coscientizzare il problema che è in lei. Pertanto una nazione più avanzata, più matura (se veramente lo è, se viene attaccata da un’altra più arretrata (più malata), dovrebbe aiutarla a coscientizzare che sta facendo il male non solo all’altra, ma anche a se stessa. Ora se anche la nazione più matura attacca, si colloca sullo stesso piano patologico della nazione che ha attaccato per prima. Quindi quando una nazione dichiara la guerra, lo fa perché anch’essa è molto malata. Solo una nazione o una persona molto malata attacca l’altra fisicamente o le fa la guerra. L’idea di fare una guerra è il più grande terrorismo che possa esistere; infatti basti notare come questa guerra che stiamo vivendo stia terrorizzando il mondo intero. Quando un terrorista o un gruppo attacca un paese, la società matura di questo paese sa difendersi perché è molto più grande dell’atto terroristico. Quindi quando una grande società pensa di fare una guerra (in risposta ad un attacco terroristico) mette in atto un terrorismo più grande del quale non esiste niente. Per questo è necessario che vi sia una profonda coscientizzazione dei propri problemi quando si è di fronte ad eventi terroristici.

 

R.J.: Ma come possiamo applicare il concetto di proiezione quando esiste un attacco concreto? Se qualcuno ha attaccato, non esiste allora un nemico?

N.K.: Attraverso le scoperte della psicopatologia e della sociopatologia si è compreso che tutte le persone sono malate (chi più chi meno naturalmente). Quindi quando dico che l’umanità non ha coscienza, che è un’umanità malata, non mi riferisco solo all’individuo con le sue specifiche malattie organiche, psichiche e sociali, ma anche al fatto che esistono molte più malattie di carattere sociale derivanti da uno squilibrio economico e alimentare molto grande e da un divario molto grande fra le società:nera, bianca e gialla. La società deve prendere coscienza dei suoi problemi e imparare a convivere con essi fino alla loro soluzione. Perciò, quando esiste un problema, il compito del malato, come della società, non è quello di censurare, di nascondere il problema, ma di coscientizzarlo e di trattarlo. Per esempio: se si ha un’ulcera allo stomaco, si pratica un taglio e si toglie lo stomaco, e così la persona rimane senza un organo. Ma la società non può eliminare le persone così (come se fossero degli organi malati) con le guerre, il terrorismo ecc. Se attacca qualsiasi problema, nasconde ed aumenta le difficoltà. La società che pratica tanta repressione, che ha tante prigioni, tanti manicomi e tanti mezzi per eliminare i criminali, i malati, vuol dire che è molto malata. Ciò significa che la società deve vedere il suo grado di malattia per cambiare e condurre un’esistenza migliore.

 

R.J.: Lei ritiene dunque che fare una guerra contro il terrorismo sia qualcosa di sbagliato…

N.K.: Il popolo è quello che più soffre a causa di questo orientamento di attaccare gli altri con la guerra. In fin dei conti tutti noi sappiamo che in guerra chi va a morire è proprio il popolo. Ciò è la conseguenza della patologia del potere. È importante dire questo, perché il popolo è generalmente pacifico. Perché si possa risolvere il problema di un paese è dunque necessario che venga risolto il problema dei gruppi di potere che sono molto dannosi per un paese. Ciò che sta impedendo che il mondo sia migliore, che il popolo viva meglio che non si ripetano disastri come quello delle Twin Towers a New York, sono proprio persone interessate ad altro che non a quello che interessa la gente: ad avere cioè più potere, a dominare il popolo e a non lasciare che esso percepisca questi problemi che, d’altra parte, esistono in tutte le nazioni.

 

R.J.: Allora qual è un modo maturo di gestire questa situazione? Quali sono i temi più ampi della società e della natura umana con i quali dobbiamo lavorare? Che cosa dovremmo coscientizzare per poter lottare contro questa situazione?

N.K.: Il popolo è molto dominato da ciò che io chiamo coscienza dei media, coscienza sociale. Vale a dire, i mezzi di comunicazione influiscono in maniera tale da distorcere il pensiero e il desiderio del popolo: come è successo, ad esempio, per il Vietnam o per altre guerre come quelle fatte dalla Germania e dall’Inghilterra. Ciò che accade è questo: i media, il potere della comunicazione, alimentano, istigano l’idea nel popolo che si possano risolvere i problemi attraverso la guerra. Ma quando nel Vietnam cominciarono a morire giovani americani, il popolo disse no, questo non è buono per noi. Allora è importante che il popolo percepisca che ora è spinto a fare una guerra e che non risolverà alcun problema, poiché ogni guerra ha sempre portato un enorme rallentamento per tutte le nazioni coinvolte e dunque per tutto il mondo. Non è attraverso il male che può venire il bene. La guerra è il grande male dell’umanità. Ogni guerra che il mondo combatta oggi, ogni guerra mondiale che il mondo abbia combattuto nel secolo passato, ha ritardato enormemente la civilizzazione di tutto il mondo, ha causato problemi enormi per il popolo e ha generato situazioni ingiuste, situazioni sociali senza coscientizzazione. L’atteggiamento giusto è invece coscientizzare i problemi che esistono e risolverli attraverso il dialogo, attraverso accordi basati sull’etica e sulla giustizia.

 

R.J.: Che cosa gradirebbe dire alle nazioni oggi che potrebbe aiutarle in questa terribile situazione?

N.K.: Che una persona che fa una guerra vuole solo il potere e non ha alcuna buona intenzione. Se una persona comune finisce per desiderare una guerra per risolvere un problema, per quanto grave possa essere, vuol dire che è stata plagiata da persone malintenzionate o non ha maturità sufficiente. Nessun dirigente del mondo dovrebbe pensare di fare una guerra. Bill Clinton è stato un presidente che ha tentato negli anni passati di risolvere tutte le cose attraverso la comprensione ed il mondo ha vissuto un periodo di pace molto grande grazie alla sua attitudine. Nessun individuo maturo risolverebbe un problema per mezzo di una guerra. Esiste un detto cinese che afferma: quando due persone stanno discutendo, si osservi chi per primo perderà la calma e attaccherà l’altro; colui che attaccherà per primo è colui che ha perso la ragione. Quindi se un paese dichiara guerra a un altro a causa del terrorismo è perché si è messo sullo stesso piano del terrorismo o perfino su un piano inferiore.

L’identificazione proiettiva cammina insieme all’idealizzazione proiettiva – Norberto Keppe

La maggiore scoperta di Melanie Klein nel campo del trattamento psicologico è la questione dell’identificazione proiettiva, per mezzo della quale l’individuo trasferisce nell’altro la sua condotta patologica vedendolo come se fosse l’artefice dei suoi malesseri; Klein presentò una comunicazione nel 1946 alla Società Britannica di Psicanalisi con il titolo “Note sopra alcuni meccanismi schizoidi”, dimostrando come il bambino non voglia solo distruggere la madre, ma impossessarsi d’essa (Dizionario di Psicanalisi, E. Roudinesco e M. Plon, pg. 366). In questo processo l’individuo vede le sue tendenze aggressive e distruttive nell’altro (generalmente il più vicino: genitore, marito o moglie), e passa ad attaccarlo, come se egli fosse il responsabile di tutti i suoi problemi.

Ma esiste un altro fattore molto più sottile e più ampio, all’interno del quale la persona trasferisce nell’altra i desideri che tiene nella sua mente, credendo di ritrovare tutti gli ideali che ha sognato nella vita e, allo stesso tempo, conservando l’idea che l’altro pensi proprio quello che lui immagina di sé. Di conseguenza dobbiamo concludere: 1) che le altre persone non sono quelle che idealizziamo; 2) che gli altri non percepiscono quello che siamo realmente. Neppure gli altri sono quello che immaginiamo e noi non siamo quello che gli altri pensano di noi.

Tanto nella identificazione proiettiva di M. Klein come nel processo di idealizzazione proiettiva (scoperto da me) esiste lo stesso tipo di proiezione (trasferire nell’altro le proprie intenzioni), con la differenza che nel primo caso proiettiamo le cattive intenzioni e nel secondo tutti i nostri ideali più nobili; nella identificazione proiettiva vediamo il prossimo come nemico (che però non è) e nella idealizzazione proiettiva un superamico (che pure non è).

Arriviamo alla conclusione che l’altro non è quello che pensiamo che sia, e neppure noi siamo ciò che gli altri pensano di noi, sia in senso negativo che positivo; se estendiamo tale attitudine all’umanità, possiamo concludere che anch’essa non è quella che crediamo che sia.

· Ho l’impressione che R. S. voglia rimproverarmi perché non ho badato bene al suo telefono.

· Qual è la sua opinione su di lei? Domandai

· Penso che mi stia attaccando perché potrei curare meglio questo aspetto. Rispose il cliente.

· Dunque lei proietta in quella persona il rimprovero che fa a se stessa?

Sto mostrando qui l’attitudine dell’individuo di proiettare nell’altro il rimprovero che fa a se stesso, ciò che Melanie Klein chiamò identificazione proiettiva e che non è solo il risultato della condotta anale-sadica (come lei pensava), ma principalmente di un attacco al proprio essere. D’altro lato, nello stesso tempo che il cliente esercita l’identificazione proiettiva, realizza anche l’idealizzazione proiettiva, perché proietta nell’altro gli ideali esagerati che porta nel suo interiore.

L’idealizzazione proiettiva ha due aspetti: uno è quello di immaginare che il prossimo sia molto più perfetto di quello che realmente è, ciò che mette in evidenza un’enorme ingenuità, e il secondo che il prossimo (perlomeno alcuni) rivela doni incredibili che devono realmente essere ammirati. In qualsiasi modo, la idealizzazione proiettiva fa parte della identificazione proiettiva, ma nel senso di identificare nell’altro, patologicamente, gli ideali più alti.

(Testo estratto dal libro “L’Origine delle Infermità” cap.8, pag. 110-111)

Lettera aperta ad Alberoni sull’invidia – Fabio Biliotti

Venezia luglio 2001

Egr. dott. Alberoni,

ho letto il suo articolo pubblicato sul ”Corriere della Sera” del 2 luglio scorso e mi sono sentito spinto a scriverle dalle stimolanti argomentazioni in esso contenute. Lo scopo è quello di prendere spunto da questa occasione per presentarle il nostro Centro. Ma prima di far questo mi permetta di fare alcune considerazioni.

  1. Sull’invidia esistono studi di un ricercatore brasiliano di origine austriaca, dott. Norberto Keppe che è il Presidente onorario del nostro Centro e Presidente del Comitato Scientifico. Il dott. Keppe, prima di ogni altro, ha scoperto che l’invidia non è una patologia che riguardi qualcuno più o meno malato, ma un’attitudine che riguarda tutti, tanto che egli l’ha chiamata “Invidia Universale” universale appunto perché si tratta di una caratteristica di tutti gli individui, di tutte le razze e perché è diretta a tutto l’universo. “È un’attitudine tanto grave e tanto infernale – afferma Keppe – che difficilmente possiamo liberarci da questo intrigo”. Queste cose il dott. Keppe le ha scoperte trent’anni fa ma, nonostante che ilCNRS(Centro Nazionale di Ricerca Scientifica) di Francia lo abbia definito “Senza dubbio il più originale autore eterodosso fra i contemporanei”, egli viene assolutamente ignorato dal mondo accademico e molti ricercatori, che pure non lo ignorano, si rifanno alle sue scoperte facendole proprie senza mai citare la fonte delle loro affermazioni. Non dico queste cose per rivendicare una paternità, ma perché questo atteggiamento del mondo accademico e di molti ricercatori rientra perfettamente nel tema trattato da Lei nel suo articolo: si tratta dell’invidia che molti accademici provano per un ricercatore tanto originale quanto eticamente scientifico, tanto semplice nelle sue argomentazioni quanto profondo. Per questa ragione mi permetterò di farLe avere, se Lei mi fornirà gentilmente un indirizzo presso il quale inviarli, alcuni suoi scritti sul tema dell’invidia che ha recentemente trattato anche nell’ultima sua opera “L’origine delle infermità”
  2. Sento il bisogno inoltre di esprimere alcune mie opinioni su alcune delle attitudini umane che spesso vengono confuse con l’invidia vera e propria ricorrendo al testo del Suo interessante articolo. Alcuni esempi da lei riportati a mio avviso dovrebbero essere distinti. Non possiamo confondere imitazione, emulazione, mimetismo e invidia vera e propria o meglio non possiamo confondere tra imitazione ed emulazione da una parte e mimetismo e invidia dall’altra. L’imitazione è essenziale specialmente nel bambino che deve imparare tante cose, per cui nell’imparare a considerare buoni i cibi che vede mangiare ai grandi non riscontrerei un’invidia; come non riscontrerei un’invidia in Tom Sawyer che dipinge una palizzata con piacere e soddisfazione e neppure negli altri ragazzi che, vedendolo, gli chiedono di farli provare, la chiamerei piuttosto emulazione; come all’emulazione può spingere il fatto di ammirare un cantante che riempie le piazze o un manager arrivato o un dentista che ha lo studio pieno di clienti o uno studioso che sia diventato famoso nel mondo; in sé questa ammirazione potrebbe essere uno stimolo a migliorarsi e a prendersi la responsabilità della propria vita e del proprio successo per diventare bravi ed ammirati come quel cantante, quel manager, quel dentista e quello studioso. Tutto ciò non è dannoso; mentre il mimetismo o meglio il “desiderio mimetico”, come lo definisce Girard, può essere veramente dannoso e porta senza dubbio all’invidia. Qui mi corre l’obbligo di definire meglio l’invidia secondo comela concepisce Keppe. PerKeppe l’invidia non ha altro significato che quello che indica l’etimologia della parola latina “invidere” che, come lei sa, vuol dire “non vedere”; ma che cosa non vuol vedere l’invidioso? Essendo una persona non felice e non soddisfatta, non vuol vedere neppure la felicità (o quello che lui crede che sia la felicità) e la soddisfazione degli altri e dunque si adopera per distruggere quella felicità e quella soddisfazione. Allora è veramente invidioso lo studioso che si rode di rabbia vedendo l’altro studioso che è diventato famoso in tutto il mondo e lui no. Perciò, e qui scatta la vera invidia, cerca di sminuirne il valore, di danneggiarlo e, se non ce la fa con lui, se la prende con sua moglie ed i suoi allievi. E così si può considerare il mimetismo o meglio, il desiderio mimetico come l’anticamera dell’invidia vera e propria in quanto con esso l’individuo sfugge alle responsabilità della propria vita e sfuggire alle responsabilità della propria vita significa non affrontare i problemi che essa necessariamente ci pone. Ed è proprio ciò che succede a tutti i figli che scelgono la strada dell’identificazione per assomigliare al padre e quindi non distinguersi da lui (mimetizzarsi); ed è chiaro che falliscano perché con questa scelta di comodo, rinunciano ad affrontare la vita con le loro peculiari qualità, rinunciano ad assumersi le loro responsabilità e non mettono alla prova le loro specifiche capacità di affrontare i problemi. Tutto ciò viene fatto dai figli appunto per comodità, per pigrizia ed è proprio per questo che falliscono, perché non sono realmente impegnati. Il risultato non può che essere una grande insoddisfazione ed infelicità che spinge a “non voler vedere” (invidiare) la felicità ed il successo degli altri, in questo caso specifico del padre. Questo comportamento, in misura più o meno elevata, è generalizzato e nessuno ne è immune. Keppe constata che la struttura dell’essere umano è, per natura, fondamentalmente sana, ma egli nasce con un “difetto” nella sua struttura psicogenetica, difetto che causa le malattie. Questo “difetto” viene chiamato da Keppe “inversione psichica” per mezzo della quale l’essere umano tende a distruggere il bene e a ricercare il male per sé e per gli altri, attaccando, nella maggior parte dei casi in modo incosciente, la propria vita, creando così la propria sofferenza e la propria malattia. Questo comportamento per Keppe è il risultato di un’attitudine di “invidia originale”, innata, universale che sarebbe la radice principale della maggior parte dei comportamenti patologici dell’essere umano”. Perciò fa bene lei, dott. Alberoni, a dire “… Voi credete che anche coloro che si considerano politicamente corretti, anche coloro che si battono per i popoli del terzo mondo, anche i cristiani che vanno a messa e operano in associazioni benefiche non siano schiavi di questi stessi meccanismi? Lo sono anche se non lo riconoscono, perché l’invidia è una menzogna fatta a se stessi prima che agli altri”; e perché come lei stesso aveva affermato più sopra, l’invidia acceca: per questo che gli individui non la vedono e più uno è invidioso e meno la percepisce.

Ed ora mi permetta qualche breve considerazione sul nuovo ed originale metodo di analisi del profondo elaborato, nel corso di tanti anni di studio e di pratica, dal dott. Keppe: quello che lui stesso ha chiamato Trilogia Analitica o Psicanalisi Integrale; un metodo che parte dalla constatazione che “se vogliamo aiutare un essere umano integralmente, non possiamo trattare i suoi sentimenti senza considerare la sua spiritualità (o la sua religiosità); la sua pressione alta senza sapere ciò che lo preoccupa; le sue finanze senza conoscere il suo passato, la sua educazione, la sua filosofia di vita ecc. Insomma non si può trattare l’essere umano a pezzetti. Fino ad oggi, il medico tratta il corpo, lo psicologo alcuni problemi di ‘aggiustamento sociale’; il sacerdote dei suoi problemi religiosi, lo psichiatra delle sue paure, dei suoi deliri e delle sue allucinazioni e così via”. L’essere umano a somiglianza del Creatore è trino fondamentalmente: sentimento, pensiero ed azione, perciò esso deve essere analizzato con l’aiuto della scienza (azione), della filosofia (pensiero) e della spiritualità (sentimento), da qui la necessità di un superamento della separazione di questi tre importanti campi di lavoro per arrivare ad un’unità. Non voglio comunque sviluppare qui una delucidazione esauriente di questa ricerca durata decine e decine di anni. Questo mi serve solo da pretesto per informarla che è stato costituito in Italia un Centro Italiano di Trilogia Analitica che ha lo scopo di diffondere la conoscenza di questa nuova scienza e che è aperto al confronto con tutti coloro che sono animati da fare il bene di tutti gli esseri umani. Lei dott. Alberoni ha, fra le altre, una grande qualità: quella di riuscire a divulgare pensieri e concetti con grande sapienza e lucidità, Le saremmo molto grati se volesse quindi prendere conoscenza del lavoro del dott. Keppe. Per questo siamo a sua disposizione per farle avere tutto il materiale che desidera e per ospitarlo quando vorrà nel nostro Centro.

Certo della Sua sensibilità le invio i più sentiti auguri di buon lavoro.

Fabio Biliotti

L’esigenza di spiritualità nel 3° millennio – Fabio Biliotti

Il mausoleo del Bab sul Monte Carmelo

Se ci soffermiamo per un momento e tracciamo, anche rapidamente, un quadro di ciò che accade intorno a noi, non possiamo fare a meno dall’essere presi dallo sconforto e dalla disperazione: guerre sanguinose proliferano in ogni parte del mondo, uccidendo indiscriminatamente giovani militari e civili inermi ed innocenti, fra i quali tanti bambini; atti di terrorismo colpiscono senza pietà la società civile; l’odio dilaga nel mondo dipingendosi a fosche tinte tanto nelle facce degli aggressori quanto in quelle di chi vorrebbe opporsi a tanta barbarie; immagini pornografiche dilagano liberamente con il conseguente abbrutimento dell’essere umano; innumerevoli omicidi vengono commessi per le ragioni più disparate e assurde, spesso anche nell’ambito familiare; la nostra sicurezza è messa sempre più a repentaglio, da una macrocriminalità senza scrupoli e da una microcriminalità inferocita che si giustifica con il fatto di essere stata privata di tutto.

Il brasiliano Norberto Keppe, uno dei più attenti pensatori dei nostri tempi, che il C.N.R.S (Centre National de la Recherche Scientifique) della Francia ha definito come “Il più originale autore eterodosso fra i contemporanei” in “Lavoro e Capitale” descrive la società odierna così[1]:

“La società umana è malata, gravemente malata, essa è pericolosa per l’essere umano e per il suo equilibrio sia organico che mentale, perché non è possibile vivere bene insieme, sentire ed agire, se la vita sociale obbliga a sentire, lavorare e vivere male. Se voi state bene attenti, vi renderete conto poco a poco che per essere accettati, ammirati e stimati dalla grande società, bisogna esser disonesti, falsi e soprattutto ipocriti; l’umiltà, la semplicità, l’altruismo e la verità non sono accettati. Esistono dei gruppi che sono delle eccezioni, ma la regola generale nella maggioranza dei paesi è la disonestà.Vi potrete domandare in che cosa la struttura sociale sia malata; posso subito darvi degli esempi: il fatto, nelle società capitaliste, di porre il danaro al di sopra del lavoro; il fatto che l’usura e la speculazione rendano possibile che il danaro generi altro danaro; il fatto di lavorare come impiegati di persone che vivono sullo sfruttamento altrui; … il fatto che esistono enormi proprietà private nelle mani di una minoranza; il fatto di fabbricare armi, sostanze tossiche e prodotti nocivi alla natura, che distruggono la fauna e la flora; il fatto che questa società accetti che milioni di individui muoiano di fame e di freddo; Il fatto che si dedichi poca attenzione alla salute e all’amore per il prossimo; il fatto che si inquinino i fiumi, gli oceani, l’aria ecc. ecc.; si può dire che tutto ciò che stiamo facendo è negativo, facciamo il male come se fossimo i figli di Satana.”

Bahá’u’lláh, profeta del XIX secolo e fondatore della Fede Bahá’í, aveva previsto in maniera profetica questo cammino drammatico e doloroso dell’umanità e questa decadenza del mondo:

“Il mondo è in agitazione e la sua inquietudine aumenta di giorno In giorno. Il suo viso è volto verso la perversità e la miscredenza. Tale sarà la sua triste sorte che svelarla adesso non sarebbe né conveniente né opportuno. La sua perversità durerà a lungo e, all’ora stabilita, apparirà improvvisamente ciò che farà tremare le membra dell’umanità. Allora, e soltanto allora, sarà fissato lo Stendardo Divino e l’Usignolo del Paradiso gorgheggerà la sua melodia”.[2]

Questa perversità e questa miscredenza hanno danneggiato profondamente l’umanità, sia quella che vive nella miseria, nell’indigenza, nella fame e nel sangue, sia quella, come la nostra, che è apparentemente immersa nel benessere, ma altrettanto infelice. Infelice sì! Infelice perché quel benessere è solo materiale ed ottenuto, in gran parte, attraverso lo sfruttamento di risorse di paesi nei quali si muore di fame.

Ognuno, in cuor suo, vorrebbe che tutto ciò terminasse nell’immediato, risolvendo tutti i problemi, eliminando la miseria e la fame, ma poi ci sembra che tutto ciò sia impossibile e siamo sopraffatti da uno spiacevole senso d’impotenza.

È per questa ragione che i più, nell’illusione di non essere tormentati da questo senso di colpa e da questo senso d’impotenza, cercano di non vedere, aiutati in ciò dalle chimere delle ricche società patologiche che accendono luci, fari, riflettori, fuochi d’artificio, con il duplice scopo di stordirci e di ingannarci nel tentativo di farci credere “felici” ricorrendo ad incrementare ulteriormente un materialismo consumistico sfrenato quanto inutile. Cerchiamo di dimenticare il grande dramma che affligge l’umanità, ma esso ci ritorna inesorabilmente davanti nelle immagini televisive, nei vari siti di internet e nelle fotografie dei giornali, martellando le nostre orecchie, riempiendo di lacrime i nostri occhi, sconvolgendo la nostra mente e straziando i nostri cuori!

Tutto ciò ci porta a percepire, anche se tentiamo di non prenderne coscienza, come intorno a noi stia prendendo sempre più corpo un decadimento generale che si aggrava ogni giorno di più e ci chiediamo: perché accade tutto ciò? Che cosa possiamo fare?

Bahá’u’lláh fa sapere che molto dipenderà dagli esseri umani contenere il grado di distruzione a cui l’umanità si sta avviando e limitare la dimensione della tragedia affidandosi alla realizzazione dei principi che Dio ha trasmesso agli esseri umani attraverso di Lui: l’unità della razza umana, l’unità delle religioni, l’armonia tra scienza e religione, l’eliminazione degli estremi di ricchezza e povertà, la parità tra l’uomo e la donna, il superamento di ogni pregiudizio, la costruzione della pace. Purtroppo come egli aggiunge:

“Noi possiamo bene scorgere come la razza umana sia circondata da gravi e incalcolabili afflizioni. La vediamo languire sul suo letto di dolore, crudelmente provata e disillusa. Coloro che sono ebbri di vanagloria s’interpongono tra lei e il Medico Divino e infallibile. Constatate come abbiano impigliati tutti gli uomini, inclusi se stessi, nelle reti dei loro espedienti. Non sanno scoprire la causa dell’infermità e non conoscono il rimedio. Hanno immaginato contorto ciò che è diritto e considerato il loro amico un nemico…”.[3]

Questi atteggiamenti megalomani hanno invertito (hanno immaginato contorto ciò che è diritto e considerato il loro amico un nemico), meglio dire rovesciato, tutto il modo di concepire la vita in ogni suo aspetto: gran parte degli esseri umani vede nel piacere il dispiacere e nel dispiacere il piacere; vede il bene nel male e il male nel bene. Essere buoni è considerato dai più pericoloso perché si potrebbe rimanere sopraffatti, essere onesti ci svantaggia, essere sinceri ci rende deboli e così via. Anche la religione viene vista dai più (spesso anche da quelli che credono) come un intralcio. Perfino la relazione con Dio è stata invertita perché si è diffusa l’idea che, per obbedire a Dio dovremmo soffrire, che il cammino per il cielo è seminato di spine e che l’amore è una croce molto pesante da portare.

Tutto ciò ci ha allontanato dalla spiritualità ed ha incrementato un materialismo sfrenato che spinge gli esseri umani a credere che il benessere possa conquistarsi con l’accaparramento delle cose, con la collezione dei piaceri sensoriali, con l’arricchimento senza limiti. Ciò ha permesso enormi ricchezze e, di conseguenza, enormi povertà. Si è affermato un concetto economico legato al primato del capitale sul lavoro per il quale il solo scopo è il profitto. Abbiamo legato la ricerca della felicità al benessere materiale. Si finisce così per dare un valore solo a ciò che può essere mercificato, comprato e venduto, cioè a ciò che può produrre danaro (profitto) e ciò che vale di più non viene preso neppure in considerazione, viene trattato alla stessa stregua del niente, perfino deriso.

Nel suo libro “Anima Mundi” Susanna Tamaro ci dà un esempio di questa inversione causata dall’aver adottato come metro di misura la capacità di produrre denaro anche in campi come la letteratura, la pittura, l’arte in genere. Nella seconda parte del romanzo, dedicata al fallimento del protagonista Walter, si dice che quest’ultimo scrive un lungo racconto “La vita in Fiamme”; che un conoscente, famoso sceneggiatore, cerca di aiutarlo a pubblicare. Nell’ambiente lo lodano come un capolavoro, però non succede niente, il libro non si vende e le illusioni cadono, Walter verrà ignorato e dimenticato.[4]

Dunque ciò a cui non si può dare un prezzo, ciò che non interessa il mercato non ha più valore, appunto viene ignorato e snobbato.

Ma “L’arte è fondamentale – afferma Keppe – il mondo senza musicisti, pittori, scultori, danzatori, muore irrimediabilmente. Tutta la civilizzazione si basa sull’arte e l’artista spesso non possiede neppure i mezzi economici per sopravvivere; egli è come gli uccelli, i fiori dei campi, che sono nati per rendere incantevole la vita…”[5] e quasi sempre vengono lasciati soli e abbandonati, spesso attaccati e derisi.

Questa visione materialistica, questi concetti distorti, questi convincimenti deleteri si sono insinuati nella vita quotidiana della stragrande maggioranza delle famiglie dove si è convinti che per fare la felicità dei figli non si debba far loro mancare niente in termini di beni materiali e si sottovaluta e perfino si dimentica l’aspetto spirituale. Si mantengono agli studi per anni ed anni, proteggendoli malaccortamente da ogni impegno di lavoro, impedendo così un collegamento con la realtà della vita e trasmettendo l’idea che l’azione, anche quella fisica, sia meno importante della teoria; si comprano loro belle moto prima e belle auto poi, si mandano in vacanza nei migliori posti, si comprano loro bei vestiti, scarpe, si forniscono delle migliori tecnologie: cellulari, computers, stereo. Ma nonostante tutto ciò non li vediamo felici e noi stessi non siamo felici. Li vediamo molto spesso alla ricerca di evasioni per sfuggire alla noia e all’insoddisfazione.

Perché accade tutto ciò?

Perché crediamo che ciò che conti nella vita sia il benessere materiale.

Perché pensiamo che questa sia la vita reale.

Perché crediamo che dopo la morte del nostro corpo tutto finisca.

E vogliamo dimenticare, o peggio ancora negare, che ne esiste un’altra che poi è la vera vita dell’essere umano, quella vita che si situa nella dimensione spirituale.

È il voler credere e far credere che la dimensione sensoriale (materialistica) sia l’unica opportunità di vita (oltretutto a termine) conduce a un mondo fonte di enormi insoddisfazioni, di grandi frustrazioni e di infelicità che colpiscono specialmente i giovani che vengono deturpati nel più profondo della loro interiorità.

D’altra parte, come afferma Abdu’l Bahá, figlio di Bahá’u’lláh, “…tutta la tristezza e il dolore che esistono vengono dal mondo della materia, il mondo spirituale dà soltanto gioia! Se noi soffriamo, la sofferenza è il risultato delle cose materiali; e tutte le prove e tutte le difficoltà vengono da questo mondo di illusione. Per esempio: un commerciante può perdere la sua clientela, e questo fatto produce in lui uno stato di depressione. Un operaio viene licenziato, ed egli è preso dall’incubo della fame. Un agricoltore ha un cattivo raccolto, e vive in una grande ansia. Un uomo costruisce una casa che un incendio rade al suolo, ed ecco che egli è senza tetto, rovinato e disperato. Tutti questi esempi servono a dimostrarvi che le difficoltà che incontriamo ad ogni passo, il dolore, il dispiacere, la vergogna e la tristezza sono generati nel mondo della materia. Dal Regno Spirituale invece non viene mai tristezza. Un uomo che vive concentrando i suoi pensieri in quel Regno, non conosce che la gioia. I mali a cui è soggetta la carne non toccano lui, ma sfiorano soltanto la superficie della vita che, in fondo, rimane calma e serena.”[6]

Una volta, parlando a Bologna, il Cardinale Biffi a proposito di questo tema ha detto:

“Gli esiti sono due: o dopo c’è l’annientamento o dopo c’è la vita eterna. Se il traguardo è il nulla, l’unica autentica realtà della vita è sin d’ora il nulla. Se la vita va verso il niente si vive già adesso nel niente. Se invece sono incamminato verso la vita eterna, l’eternità già adesso in qualche modo è mia. Chi accetta la ristrettezza del mondo visibile si pone fatalmente in una condizione di insignificanza che tocca l’assurdo; se l’universo è vuoto allora si capisce che sia sordo e muto. Chi invece si apre alla possibilità dell’invisibile (dello spirituale), si affaccia su uno spazio dove tutte le evenienze sono praticamente infinite.”[7]

Ma allora, se le cose stanno così, l’umanità è perduta?

Si è persa inesorabilmente ogni speranza di far riemergere il primato della spiritualità nella vita terrena di ogni essere umano?

No! Non è persa la speranza, perché se andiamo a ben vedere, gli esseri umani sono di nuovo alla ricerca di elementi spirituali: la spiritualità è un fuoco che non si spegne mai del tutto e che rimane acceso, anche con una sola fiammella, nel profondo della nostra interiorità, è una luce che non si esaurisce mai.

Shoghi Effendi, custode per molti anni della Fede Bahá’í, in una lettera ad un credente illustra mirabilmente e con estrema attualità questa esigenza:

“Il suo problema è un problema che preoccupa o disturba seriamente molti giovani d’oggi. Come ottenere la spiritualità è infatti un’istanza alla quale ogni giovane, uomo o donna, deve prima o poi cercare una risposta che lo soddisfi. È proprio perché una tale risposta esauriente non è stata data né trovata che i giovani moderni sono disorientati e si lasciano quindi trascinare dalle forze materialistiche che stanno scuotendo violentemente le fondamenta della vita spirituale e morale dell’uomo.Infatti la causa principale dei mali che imperversano oggi nel mondo è la mancanza di spiritualità. La civiltà materialistica del nostro tempo ha tanto assorbito le energie e l’interesse dell’umanità che in genere la gente non avverte più il bisogno d’innalzarsi al di sopra delle forze e delle condizioni della quotidiana esistenza materiale. Non c’è richiesta sufficiente di cose che dobbiamo chiamare spirituali per distinguerle dai bisogni e dalle esigenze dell’esistenza terrena. Le cause della crisi universale dell’umanità sono perciò fondamentalmente spirituali. Lo spirito dell’era è, nel suo insieme, irreligioso. Oggi l’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico per poter assurgere ai reami superiori dello spirito.È questa condizione, così tristemente malsana, nella quale la società è caduta che la religione cerca di migliorare e trasformare. Perché l’essenza della fede religiosa è quel sentimento mistico che unisce l’uomo a Dio. Questo stato di comunione spirituale può essere indotto e mantenuto mediante la meditazione e la preghiera. Ecco perché Bahá’u’lláh ha tanto insistito sull’importanza del culto. Non basta che i credenti si limitino ad accettare e osservare gli insegnamenti: è necessario che essi alimentino quel sentimento di spiritualità che si può acquistare soprattutto attraverso la preghiera. La Fede Baháí, come tutte le altre Religioni Divine, è quindi essenzialmente mistica. Il suo principale intendimento è lo sviluppo dell’individuo e della società, mediante l’acquisizione di virtù e forze spirituali. È l’anima dell’uomo che deve, per prima, essere nutrita e a questo nutrimento spirituale è la preghiera che può meglio provvedere. Le leggi e le istituzioni prospettate da Bahá’u’lláh potranno andare in vigore solo quando la nostra vita spirituale interiore sarà perfezionata e trasformata. Altrimenti, degenerata in una mera organizzazione, la religione diverrà cosa morta.

I credenti, e soprattutto i giovani, devono dunque rendersi pienamente conto della necessità di pregare, perché la preghiera è assolutamente indispensabile al loro sviluppo spirituale interiore, e questo – come si è già detto – costituisce la base e lo scopo della religione di Dio”.[8]

Se non vogliamo dunque vivere nel niente ed essere infelici occorre comprendere che oltre al nostro corpo, oltre al visibile, oltre al materiale, esiste anche l’invisibile, cioè il nostro spirito di cui dobbiamo prenderci cura.

E d’altra parte questa esigenza di spiritualità oggi si fa sempre più sentire. Di questo ne è testimonianza il fatto che non sono pochi gli uomini del nostro tempo che, partendo da posizioni materialistiche, sono approdati ad aperture significative nei confronti della spiritualità.

Eugenio Scalfari in un famoso articolo su “La Repubblica” metteva in guardia gli scienziati laici dall’errore che compiono “quando assolutizzano la ragione e, con essa, la ‘visione matematica’ della conoscenza e del mondo… Forse, senza saperlo né volerlo, ci consegnano inermi al dominio della tecnologia con conseguenze devastanti delle quali vediamo per ora un pallido inizio”. Naturalmente Scalfari ci tiene a ribadire la sua laicità, non è certo un ‘convertito’, ma si noti quanta spiritualità c’è in queste parole che concludono l’articolo:

“Bisogna riascoltare se stessi, uscire dal frastuono, percepire il rumore sommesso della sorgente. Questo può dare ancora a tutti e a ciascuno il senso della dignità della vita.”[9]

Il giornalista Orazio La Rocca in un intervista fatta a Pietro Ingrao, ex dirigente comunista, e al cardinale Achille Silvestrini, ricordò che Alberto Moravia confessò, un mese prima di morire, di essersi “emozionato” quando a Gerusalemme calpestò le pietre della “Via Dolorosa” percorsa da Gesù. Lo stesso giornalista chiese anche a Ingrao se si “emozionasse” pensando a Cristo. E Ingrao rispose così:

“Io non sono un credente. Ma vengo da una famiglia in cui era molto forte l’ispirazione religiosa. Mia madre da piccolo mi portava in chiesa. Da uomo che non ha fede ho paura di parlare di Gesù. Cristo è una figura che ha portato un messaggio che purtroppo non sempre ha camminato nel mondo in modo giusto. Ma è un punto di riferimento di una grande fede universale.”[10]

Quanta spiritualità cova sotto queste sincere parole e dietro quella paura di parlare di una grande Manifestazione di Dio non c’è forse l’affacciarsi prepotente di quella spiritualità di cui l’uomo ha bisogno? Se non è una “conversione di fede”, non è forse una “conversione del cuore”, come la definì la giornalista Silvia Giacomoni?[11]

Il grande pittore Guttuso si convertì al cattolicesimo in punto di morte.

Questa esigenza spirituale come si vede balza fuori evidente dalla sensibilità di uomini che pure sono stati o sono lontani da una qualsiasi fede; la stessa esigenza è presente, purtroppo spesso inconsciamente, in tutti gli strati della popolazione.

È questa “sete inconscia” che dobbiamo soddisfare, e lo possiamo fare interiorizzando e portando a tutti gli esseri umani le parole di tutte le grandi manifestazioni di Dio, da Abramo a Cristo a Mohammad e, più recentemente, le parole di Bahà’u’llàh:

“O popoli del mondo! Abbandonate il male aggrappatevi a ciò che è bene. Adopratevi a essere fulgidi esempi per tutta l’umanità e vero ricordo delle virtù di Dio infra gli uomini. Colui che si leva al servizio della Mia Causa deve palesare la Mia Saggezza e fare ogni sforzo per bandire l’ignoranza dalla terra. Siate uniti nelle opinioni e un sol uomo nei pensieri. Ogni mattina sorga migliore della sera che l’ha preceduta e ogni giorno più ricco del suo ieri. Il merito dell’uomo è nel servizio e nelle virtù e non nello sfarzo dell’opulenza e della dovizia. Badate che le vostre parole siano forbite da oziose fantasie e desideri mondani e che le vostre opere siano purificate dall’astuzia e dal sospetto. Non sperperate i tesori delle vostre vite preziose ad incalzar affetti turpi e corrotti e non sprecate energie nel curare i vostri interessi personali. Siate generosi nelle ore di prosperità e nei giorni di distretta pazientate. L’avversità è seguita dal successo e alla gioia succede il dolore. Guardatevi dall’ozio e dall’indolenza e afferratevi a ciò che giova a tutti, giovani o vecchi, nobili o umili. Attenti a non piantare i rovi del dubbio in cuori puri e radiosi.O amati del Signore! Non commettete ciò che intorbida il limpido rivo dell’amore o disperde la soave fragranza dell’amicizia. Per la giustizia di Dio! Siete stati creati per mostrare reciproco amore e non acredine e perversità. Non fatevi vanto d’amare voi stessi, bensì il prossimo vostro. Non vi gloriate d’amare il vostro paese, sibbene l’intera umanità. Sia casto il vostro occhio, fedele la mano, verace la lingua e illuminato il cuore. Non avvilite lo stadio dei dotti di Bahá e non sminuite il rango degli uomini di stato che amministrano la giustizia in mezzo a voi. Confidate nell’esercito della giustizia, indossate l’usbergo della saggezza, siano vostri ornamenti la misericordia e l’indulgenza e ciò che consola i cuori dei favoriti di Dio.

Per la Mia vita! Le tue lagnanze M’hanno immerso nel dolore. Non guardare ai figli del mondo e a tutto ciò che fanno, ma su Dio lo sguardo affisa e sul Suo dominio sempiterno. In verità, Egli ti rammenta ciò che è sorgente di gioia per tutta l’umanità. Bevi l’acqua vivificante di beato gaudio dal calice della parola profferto dalla Scaturigine della Divina Rivelazione – Colui che ha fatto menzione di te in questo ben munito maniero. Concentra tutte le tue forze nell’intento di enunciare la parola della verità con saggezza ed eloquenza e di scacciare la menzogna dalla faccia della terra.”[12]

È di questa “acqua vivificante” che ha bisogno l’umanità e che le nuove generazioni ricercano con grande sete d’amore. Queste sane aspirazioni non possono essere deluse e questo deve essere il ruolo delle religioni.

“Possiate voi aiutare coloro che sono sprofondati nella materialità a comprendere che sono creature di Dio, – disse Abdu’l Bahá rivolgendosi ai credenti parigini – ed incoraggiateli ad elevarsi per essere degni della loro nascita; così per i vostri sforzi possa il mondo dell’umanità diventare il Regno di Dio e dei Suoi eletti”.[13]

Solo così gli esseri umani potranno veramente essere felici!

Fabio Biliotti

1) Keppe Norberto: “Travail et Capital” Proton Editora Ltda 1991 pag.12
2) Bahá’u’lláh: “Spigolature” LXI
3) Bahá’u’lláh: “Spigolature” CVI
4) Tamaro Susanna: “Anima Mundi”
5) Keppe Norberto: “A Libertação dos Povos” Proton Editora Ltda – 1993 2° Edizione pag. 149
6) Abdu’l-Bahá: “La Saggezza di Abdu’l-Bahá” pag.132
7) Politi Marco: “La Repubblica” 4/12/1996 pag.40 Cultura
8) Shoghi Effendi: “Lettera a un credente” 8/12/1935
9) Scalfari Eugenio: “la Repubblica” 27/10/1996 pag.27 Cultura
10) Ingrao Pietro: “La Repubblica” 14/7/1997 pag. 10 Politica Interna
11) Giacomoni Silvia: “La Repubblica” 14/7/997
12) Bahá’u’lláh: “Tavola della Saggezza”
13) Abdu’l-Bahá: “La Saggezza di Abdu’l-Bahá” pag.121

Incontri del Martedì

Alcuni partecipanti agli incontri con Il prof. Fabio Biliotti.

Centro Italiano di Trilogia Analitica

Via Premuda 5 (traversa di via Piave)
30171 Mestre-Venezia
Tel. e Fax 041-5060513
E-mail: fabiobiliotti@psicanalisitrilogica.com

Continuano gli incontri del martedì con la proiezione delle conferenze in DVD, sottotitolate o doppiate in italiano, del dott. N. Keppe e della dott.ssa C. Pacheco (in onda settimanalmente in molte televisioni brasiliane, italiane e del resto del mondo), gli incontri saranno guidati dal prof. Fabio Biliotti.
Gli argomenti, come sempre, intendono illustrare ed approfondire la conoscenza del metodo di psicanalisi integrale (Trilogia Analitica) per poter affrontare, con i migliori risultati, un’analisi del profondo alla quale, secondo le scoperte scientifiche del dott. Norberto Keppe, ogni individuo dovrebbe sottoporsi per migliorare la qualità della propria vita e contribuire ad elevare il contesto sociale nel quale è inserito. La partecipazione a questi incontri determinerà una migliore conoscenza di se stessi.
Pubblichiamo il programma delle conferenze che il nostro Centro terrà nel mese di giugno.
A coloro che prenderanno parte alle conferenze avremo il piacere di offrire in omaggio il libro “La Liberazione dalla Volontà” di N. Keppe.

La responsabile delle Pubbliche Relazioni
Lucia Nisato

ANNO 2011

Il programma del mese di giugno:

INCONTRI DEL MARTEDI’
COL PROF. FABIO BILIOTTI
Psicanalista Trilogico e professore di Trilogia Analitica

Martedì 7 giugno
“La cosa più difficile per l’essere umano è accettare il bene”.

Martedì 14 giugno
“L’essere umano più ha invidia e meno la percepisce”.

Martedì 21 giugno
“Come vedere l’invidia se essa è il non voler vedere?”

Martedì 28 giugno
“Ciò che chiamiamo incoscienza è fondamentalmente invidia.”
LA PARTECIPAZIONE A QUESTI INCONTRI APPORTA BENEFICI ALLA PROPRIA VITA!

Lettera ad una bambina nata

Un libro che aiuta ad amare veramente la vita.

Per caso, anni fa, mi capitò di leggere “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci. La lettura di quel libro produsse in me un grande dolore. Le riflessioni, le sensazioni e i ragionamenti a cui quella lettura mi aveva portato si distinguevano, contrapponendosi sostanzialmente, da ciò che la scrittrice fiorentina aveva sostenuto nella storia del suo libro. Raccontai perciò una storia nella quale, a differenza di quella della Fallaci, il protagonista, parlando con la propria figlia, sostiene che nessuno ha il diritto di opporsi alla nascita di un altro essere umano già concepito e sostiene inoltre che la linfa vitale che fa sviluppare i feti e fa crescere i bambini non è solo un dono materiale e unico della madre, ma un dono spirituale e collettivo dell’umanità che vede come primi artefici i genitori. Ambedue i genitori però, non solo uno!
Fabio Biliotti
Il libro può essere acquistato
Richiedendolo direttamente allo 041-5060513
O inviando una e-mail al seguente indirizzo:
sarà spedito contrassegno (€ 20+spese di spedizione)

Libri sulla Trilogia Analitica

Numerosi sono i libri scritti sulla trilogia analitica in lingua portoghese. Molti di questi sono stati tradotti in numerose lingue: inglese, svedese, finlandese, tedesco, italiano, francese e russo. Di seguito diamo i principali titoli originali in portoghese e quelli che sono stati tradotti in italiano, inglese, francese e tedesco.

LIBRI DI NORBERTO R. KEPPE

A Libertação (1998 – 273 pagine – III edizione)

LIBRI DI CLÁUDIA B. SOUZA PACHECO

LIBRI DI ALTRI AUTORI

SONO STATI TRADOTTI

In Italiano:

La Liberazione dalla Volontà-La Liberazione dal Libero Arbitrio – di N. R. Keppe – 1994

Guarire con la Coscienza-Teomania e Stress – di C. B. Pacheco – 1994

Psicanalisi Integrale (dispensa) – di N. R. Keppe

In Inglese:

  • Trilogical Metaphysics – The Liberation of Being– Vol. I – di N. R. Keppe – 1994
  • The American Drug Multinational– di C. B. Pacheco – 1991
  • Work & Capital– di N. R. Keppe – 1989
  • Liberation of the People-The Pathology of Power– di N. R. Keppe 1986
  • The Decay of the American People (and of theUnited States) – di N. R. Keppe – 1986
  • Glorification– di N. R. Keppe – 1983
  • Liberation– di N. R. Keppe – 1983
  • ABC of Analytical Trilogy (Integral Psychoanalysis)– di C. B. Pacheco – 1988

Women on the Couch-An Analysis of the Females Psychopathology – di C. B. Pacheco – 1987

Healing Through Consciousness- Theomania: the Cause of Stress – di C. B. Pacheco – 1983

  • The Origin of Earth– di M. A. Keppe – 1984·

. Effective Education Through Consciousness – di Suely M. Keppe Simula – 1989

  • Algy’s Secret– di Suely M. Keppe – 1985
  • From Sigmund Freud to Viktor E. Frankl: Integral Psychoanalysis– di Autori Vari 1980

Analytical Trilogy or Integral Psychoanalysis- The Technique of Interiorization – di Autori Vari – 1980

  • How to Stop Crime– di Marcia R. Bull e altri autori – 1984
  • The Dirty Little Tooth in the Chewing Factory– di Maria R. Almeida e Marcia Sgrinhelli – 1988

In Francese:

. La Libération par l’élimination de la Volonté – di N.R. Keppe 1993

  • Guérir par la Conscience-Theomanie et Stress– di C. B. Pacheco 1993· La Libération par la Connaissance-L’Âge de la Raison – di N. R. Keppe – 1992. La Libération des Peuples-La Pathologie du Pouvoir – di N.R. Keppe 1992
  • Travail & Capital– di N. R. Keppe – 1991
  • Dossier:La Multinational Américaine des Drogues – di C. B. Pacheco – 1990

. L’ABC de Trilogie Analytique (Psychanalyse Intégrale) – di C. B. Pacheco – 1989

Psychanalyse Intégrale, La Nouvelle Psychotherapie en Formation dans le Nouveau Monde – di N. R. Keppe – 1980

In Tedesco:

  • Arbeit und Kapital– di N. R. Keppe – 1993· ABC der Analytischen Trilogie (Integralen Psychoanalyse) – di C. B. Pacheco – 1991

Die Heilung durch das Bewusstsein-Theomanie und Stress – di C. B. Pacheco 1993

Die Psychologie in der neu entstehenden Welt – di N. R. Keppe 1980

Altri libri sono stati tradotti in svedese, finlandese, russo. Se siete interessati all’acquisto contattateci con la nostra e-mail, vi saranno recapitati a casa in contrassegno.

STOP alla distruzione del mondo

o planeta está tão destruído
tudo está tão poluido
só um ser humano doente
pode acabar com o meio ambiente
não adianta só reclamar!
não adianta só limpar!
não adianta só reciclar!
não adianta só bandeiras agitar
para o planeta salvar
pois a sujeira vai voltar
e a degradação continuar
se não se tratar da verdadeira razão
de tanta destruição!!!
a verdadeira poluição
começa no nosso coração
e vem da negação do amor
que está no nosso interior
se o planeta está assim
é por causa de nossos sentimentos e ações ruins
porque todo mal que está no meio ambiente
acontece antes no nosso interior doente
toda esta confusão
vem de nossa ingratidão
achamos sem graça
as belezas que deus nos deu de graça
e queremos refazer do nosso jeito
o que já está perfeito
nada nos satisfaz
buscamos sempre mais
vivemos insatisfeitos
e não aproveitamos nada direito
o ser humano arrogante
se acha um gigante
e não aceita com humildade
a bela realidade
toda esta arrogância
vem também de sua ganância
pensa só em ter dinheiro
quer para si o mundo inteiro
por causa de sua mania de grandeza
acaba com a harmonia da natureza
que é muito perfeita e tudo reaproveita
mas o ser humano invejoso
que é muito guloso e ganancioso
produz toneladas de lixo
e acha isto vantajoso
e para piorar a situação
quer jogar tudo no lixão
quanto prejuízo!
quanto desperdicio!
só com a conscientização
de toda esta má intenção
podemos brecar esta devastação
e fazer uma boa ação!
podemos reciclar
para tentar reaproveitar
e reencontrar a função
para todo este lixão!
se usarmos o coração e a razão
achamos a solução
e o que era porcaria vira matéria–prima
esta é a única saida
para melhorar a nossa vida
conscientizar a maldade
e aceitar a verdade!!!
reciclar com amor
é pensar no futuro
é um ato puro
pois além de frear a destruição
limpa o nosso coração
pois cada ato de amor
melhora o nosso interior
e quem faz o bem mais saúde e felicidade tem
e consequetemente o mundo vai ficar diferente
vai entrar em sintonia com a harmonia divina!!!!

Umiltà

Vaste pianure celesti
immerse nelle sconfinate foreste dello spazio
improvvise e inebrianti luminosità
che vi estendete nell’infinito
rivolgete al mondo
un messaggio di umiltà. 

L’uomo ha smarrito la sua dimensione
convinto di poter padroneggiare
tutta questa immensità. 

Ha creduto di poter dar vita a un mondo
più bello di quello
che Dio ci aveva riservato! 

Quale illusione
fu mai più illudente!

Nel ritorno a Lui
Risiede la nostra vera felicità.

Fabio Biliotti